Circa un anno fa mi trovavo a Milano, seduto su di un taxi che mi stava portando a casa di Paola. Conversavo, come mi capita di fare sempre, con il taxista ed il nostro discorso si spostò, non so per quale motivo, sui miei ricordi di guerra. Il taxista era un uomo sulla quarantina che logicamente non aveva alcuna nozione diretta in merito, ma si mostrò molto interessato a quello che gli stavo raccontando. Disse che lui seguiva spesso degli incontri che si svolgevano nella scuola elementare frequentata dai suoi figli, e che gli sarebbe piaciuto se mi fosse stato possibile andare ad uno di quegli incontri e riferire le mie esperienze di bambino in un periodo storico così tragico e travagliato. Logicamente non ci fu possibile accordarci, ma questo episodio mi rimase impresso.
Adesso, non più tardi di quattro o cinque giorni fa, il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo nel quale si interrogava sulle esperienze degli anni di guerra delle persone della mia generazione, cioè di chi, nato poco prima dello scoppio del conflitto, aveva raccolto e conservato tracce nella memoria di come fosse la vita durante il conflitto. Per me, che sono del 1937, gli anni finali della guerra mi hanno lasciato ricordi, talora nitidi e talora confusi, di ciò che stava succedendo.
Infine l’altro giorno, sempre sul Corriere, vi era un reportage su quello che stava accadendo, per colpa dell’epidemia di Coronavirus, in alcuni paesi delle valli bergamasche. Il contagio stava letteralmente annientando tutta la generazione degli anziani nati poco prima o a cavallo degli anni di guerra. In sostanza, dei miei coetanei.
Tutti i fatti sopra riportati mi hanno allora convinto a trasferire sulla carta, a beneficio delle mie figlie e dei miei nipoti, come fosse il periodo di guerra visti dagli occhi di un bambino.
Questo cercherò di fare spostandomi dai primi confusi ricordi, a quelli più precisi degli anni finali del conflitto.