San Felice era collocata in una zona collinare, e sulle alture vi erano estese foreste di querce e di altre piante a foglia caduca; rare le conifere. Lungo le strade ed in prossimità dei cimiteri vi erano cipressi alti e disposti in filari singoli od accoppiati, in modo da formare viali. Nei boschi andavamo per fare belle passeggiate o a cercare funghi e frutta selvatica, soprattutto fragole o more di rovo.
Nei boschi andavamo per varie ragioni: o per accompagnare mio padre a supervisionare l’attività dei suoi boscaioli, oppure per belle passeggiate per cercare funghi o frutti selvatici (mi ricordo che io di funghi ne avevo trovato molto pochi, ma ero lo stesso orgoglioso perché mi era capitato di raccoglierne uno meraviglioso: uno splendido ovulo ben più grande di un uovo vero, ma che sembrava proprio essere un uovo sodo).
Ricordo che nel folto degli alberi vi erano di tanto in tanto delle piccole radure, al centro delle quali i carbonai erigevano i cumuli di terra all’interno dei quali bruciavano la legna per ottenere il carbone vegetale; un processo lungo e complesso, che richiedeva non so quanto tempo per essere completato. Talvolta andavamo anche lungo il corso dei ruscelli a fare pic nic e per godere il fresco durante il periodo estivo. Si partiva al mattino con tutte le provviste e sempre con una bella anguria, grossa, che mettevamo a rinfrescare nell’acqua corrente per potercela poi godere a picnic terminato. L’anguria veniva logicamente preventivamente assaggiata per garantirne il sapore e la dolcezza. Il procedimento di “saggiatura” consisteva nel incidere una piccola piramide a base quadrata, e di altezza approssimata di un quarto di diametro, con cui si arrivava a gustare la polpa interna, quella più zuccherina: E le fette che tagliavamo, logicamente io le mangiavo affondando la faccia nella polpa, e lavandomi il viso a più non posso.
Quelli descritti sono alcuni dei nostri passatempi famigliari diurni. E i passatempi all’aperto terminavano con la discesa della sera. La sere la si trascorreva in casa, ascoltando la radio o chiacchierando fra di noi o con ospiti che ci venivano a trovare. Qualche volta andammo anche al cinema. Il locale delle proiezioni era collocato in un altro paesino vicino, sulla strada per Castelnuovo Berardenga. Si chiamava San Gusmé. Dei film proiettati ricordo il titolo di uno solo, perché mi rimase particolarmente impresso. Era “L’assedio dell’Alcazar”, un film voluto dal fascismo, che celebrava la resistenza dei militari della cittadella dell’Alcazar di Toledo in Spagna, durante la guerra civile combattuta pochi anni prima. Altri film che vidi furono uno su lotte con aerei da caccia; si trattava forse di “Luciano Serra pilota” e un altro ambientato in un collegio. Penso fosse “Birichino di papà”. (Merito del reperimento dei nomi lo devo al “Dizionario dei film” del Mereghetti, consultando il quale ho potuto adesso leggere le recensioni dettagliate).